ABILISMO E AUTISMO: CHE CONNESSIONE C’è?

Nell’articolo di Ottobre ci eravamo lasciati con la promessa di ampliare la tematica dell’abilismo e dell’infantilizzazione relativa all’autismo in questo nuovo articolo.

Come promesso, eccoci qui allora a parlarne insieme.

Partiamo dalle loro definizioni per comprendere meglio le due tematiche, spesso unite, che stiamo affrontando.

Che cos’è l’abilismo

Wikipedia ne parla così: “il termine si riferisce a un modo di pensare, costruire e vivere il mondo a misura delle persone che non presentano impedimenti fisici o di altro genere, non garantendo di conseguenza la possibilità di godere di una piena cittadinanza alle persone considerate disabili da tale visione. Si tratta di un vero e proprio paradigma culturale di pensiero che si traduce in barriere sociali, mentali e fisiche nei confronti dei non abili. Per comprendere il termine, esso si può paragonare agli omologhi riferiti ad altre categorie sociali e culturali. In genere, secondo il paradigma abilista, viene considerato abile colui che è definito normale, in quanto rientra nella norma, sia che essa si riferisca ad aspetti prettamente fisici, sia mentali”.

Acanfora va nel profondo della questione e la slega dal solo concetto di disabilità sottolineando che è “la tendenza a considerare inferiore una persona o una categoria di persone in base al suo livello di abilità, valutata in relazione a standard fissati dalla società”.
Il divulgatore prosegue dicendo che la persona abilista parte da un presupposto di superiorità, di normalità, che mortifica chi non vi rientri.

Esempi di abilismo

Un esempio di abilismo? Quando parliamo di “bambini speciali” riferendoci ai bambini autistici.
Perché? Sempre Acanfora, nel suo “In altre parole. Dizionario minimo di diversità” ci spiega che sottolineare il fatto che quel bambino sia speciale in confronto ad un altro bambino normale riporta al fatto che la sua diversità non è normalità. Questo è fare abilismo, anche inconsapevolmente.

Autismo e abilismo

Abbiamo deciso di trattare la tematica dell’infantilizzazione dell’autismo in questo articolo insieme all’abilismo perché la stessa infantilizzazione della neuroatipicità è mettere in atto abilismo.

Ovvero? Ci avete mai fatto caso che spesso ci si rivolge alle persone autistiche, anche adulte, con modalità che tendono ad essere usate dagli adulti nei confronti dei bambini? Eppure quelle stesse persone autistiche sono esse stesse adulte. In questo caso stiamo dando per scontato che quella persona non ci capisca nella modalità adulto-adulto e utilizziamo, di conseguenza, un tono, un approccio, una mimica, una gestualità riservata i bambini nei loro primi anni di vita (anche di questo ci sarebbe da riflettere, ma non è compito nostro).

Può, però, essere che quella persona autistica abbia delle difficoltà di comprensione? Può darsi, ma questo non ci dovrebbe autorizzare a rivolgerci a lei come una bambina, un bambino. Possiamo attuare modalità di persone adulte anche semplificando il nostro linguaggio, se proprio abbiamo questa certezza sul suo cognitivo. Ci stiamo relazionando in modo impari, con superiorità, dall’alto verso il basso.

Vi lasciamo con queste riflessioni potenti, sottili, che vanno a fondo… chissà che tutti noi possiamo contribuire ad una Società che si interroga continuamente e migliora sempre più.