Comportamenti problema, cosa c’ė sotto?

Troppo spesso le persone con autismo sono classificate da chi non conosce l’autismo come soggetti difficili, dai comportamenti bizzarri, certe volte perfino problematici.

Ma è proprio vero? Le persone con autismo hanno comportamenti problematici?

In questo articolo proviamo a dare alcune risposte in merito. Innanzitutto occorre chiarirci le idee a proposito di cosa sia un comportamento problema.

Un comportamento può essere definito problematico quando diventa pericoloso per il soggetto che lo mette in atto o per le persone a lui vicine, oppure quando impedisce o inficia le possibilità di apprendimento del soggetto.

Sulla base di tutto ciò possono essere inclusi all’interno dei comportamenti problema tutti quelli che limitano lo sviluppo intellettivo, interpersonale e affettivo dell’individuo quali ad esempio distruttività rivolta a cose e/o oggetti, agiti autolesionistici, nonché atti di etero-aggressività (aggressività verso le altre persone).

Osservando i nostri bambini possiamo notare come spesso alla base di un comportamento problema vi sia un bisogno di comunicazione! Questo bisogno lo si può osservare non solo in soggetti autistici, ma anche in bambini a sviluppo “neuro-tipico”.

Spesso infatti i bambini piccoli tendono a piangere, buttarsi per terra, lanciare oggetti o aggredire altri bambini, al fine di ottenere attenzione, accedere a gratificazioni o allontanarsi da situazioni spiacevoli. Chi non ha mai visto un bambino agire tali comportamenti ed esclamare tra sé: “Che capricci!”.

I bambini a sviluppo tipico però, appena diventano in grado di esprimere i loro bisogni e le loro necessità attraverso forme comunicative più evolute, tendono a ridurre e poi ad eliminare l’attuazione dei comportamenti problema.

Purtroppo questo spesso non accade nei soggetti con diagnosi di autismo, in quanto talvolta in essi non si sviluppano forme comunicative efficaci.

Quindi iniziamo a comprendere che la persona autistica non è un’incorreggibile capricciosa ma che attraverso un comportamento inappropriato cerca di comunicare qualcosa.

L’immagine dell’iceberg può aiutarci a comprendere meglio il comportamento problema. Quello che vediamo affiorare è solo la parte più superficiale di una realtà che ad un’analisi più approfondita ci rivela qualcosa di molto più grande e complesso.

Cambiare approccio e iniziare ad analizzare i comportamenti problema vedendoli come la conseguenza di un’assenza di competenze comunicative efficaci è fondamentale in particolare per due motivi:

  1. Innanzitutto fa si che venga sfatata la falsa credenza che i comportamenti problema siano una caratteristica intrinseca dei soggetti autistici e assolutamente non modificabile.
  2. In secondo luogo permette anche di responsabilizzare terapisti, genitori e insegnanti che hanno il ruolo fondamentale di cercare di comprendere quale sia la funzione comunicativa del comportamento problema e dare le giuste interpretazioni e in modo particolare sviluppare forme comunicative più adeguate e funzionali.

Nel loro lavoro quotidiano, educatori e/o psicologi e terapisti utilizzano la strategia dell’analisi funzionale per osservare e indagare i comportamenti problema mediante il modello ABC (antecedent, behavior e consequence). Attraverso l’uso di tale modello è possibile strutturare interventi di tipo educativo o esclusivamente di gestione a seconda del fatto che si decida di agire sugli antecedenti (A), oppure sulle conseguenze (C) che determinano il manifestarsi del comportamento problema stesso.

Ad esempio, quando un operatore, un genitore o un insegnante decide di agire sugli antecedenti (A), andrà a modificare o a eliminare tutti quei fattori ambientali che sono responsabili dell’attuazione del comportamento problema. Lavorare in quest’ottica consente però come detto precedentemente soltanto una semplice gestione dei comportamenti problema ma non una loro totale estinzione.

Al contrario, quando un genitore o un operatore struttura un intervento lavorando sulle conseguenze (C), fa si che si vadano ad eliminare, tramite la strategia dell’estinzione, tutti quei rinforzi che fanno perdurare i comportamenti problema e allo stesso tempo vengono insegnati comportamenti alternativi più funzionali.

Estinzione? Rinforzi? Di cosa stiamo parlando?

Per capirci, in massima sintesi:

  • Strategia dell’estinzione: lo studio del comportamento ha evidenziato come la frequenza, la durata e l’intensità di un comportamento problema tendono a diminuire, fino ad estinguersi, se questo non viene seguito da un rinforzatore. Tradotto? Questa procedura prevede che l’educatore o il genitore ignori sistematicamente la persona intenta a compiere certe prestazioni mantenendo un atteggiamento calmo e impassibile.
  • Rinforzi/rinforzatori: è quell’evento che fatto seguire ad un comportamento ne rende più probabile la ricomparsa in futuro. I rinforzatori possono essere: materiali, sensoriali, sociali e simbolici.

Facile? Sì, a dirsi più che a farsi per diversi motivi.

Va sottolineato che quando si opera con questa modalità si può assistere, almeno nelle fasi iniziali del lavoro, ad un incremento del comportamento problema che si sta tentando di eliminare, oppure possono emergere ulteriori comportamenti disfunzionali nei soggetti, spesso anche di tipo aggressivo. Pertanto, la fase iniziale del lavoro è estremamente delicata e complessa e risulta fondamentale non rinforzare mai, nemmeno una singola volta, il comportamento che si sta tentando di eliminare, altrimenti non solo risulterà difficile estinguerlo ma esso potrà aumentare di frequenza e di gravità.

Come detto precedentemente quando si lavora sull’estinzione dei comportamenti problema è fondamentale procedere nell’insegnamento di comportamenti più funzionali, che permettano all’individuo di ottenere la medesima risposta. Tali comportamenti vanno necessariamente rinforzati al fine di far sì che entrino nel repertorio comportamentale dell’individuo, consentendogli di relazionarsi e di agire in maniera più funzionale all’interno dei vari contesti di vita.

Tutto questo ci porta a considerare come sia estremamente complesso agire ed intervenire sui comportamenti problema. Risulta pertanto fondamentale che tutti i professionisti coinvolti sui singoli casi siano adeguatamente formati e che svolgano i loro interventi in maniera coerente e coordinata in stretta collaborazione con i genitori veri responsabili del percorso di vita della persona autistica. Ed è su questo che puntano i professionisti dei centri Bolle Blu di Cascina Bianca: rendere sempre più forte il legame e la collaborazione tra i vari adulti che si prendono cura del bambino.

Andrea Rossi